TRIBUNALE DI ALESSANDRIA in composizione collegiale nelle persone dei magistrati: dott.ssa Luisa Camposaragna - Presidente est; dott. Stefano Tacchino - Giudice; dott.ssa Federica Cerutti - Giudice onorario, alla pubblica udienza del 25 ottobre 2017 nel procedimento a carico di S. G. nato a .... il ... elettivamente domiciliato ex art. 161 c.p.p. presso l'avv. Erika Rapetti del foro di Alessandria dalla quale e' difeso di fiducia, imputato dei seguenti reati: a) artt. 256 comma 1 lettere a e b decreto legislativo n. 152/2006 perche' effettuava illecitamente e comunque senza autorizzazione sul terreno agricolo di proprieta' sito in ..., censito a N.C.T . al foglio n. ... , mappale n. ... , attivita' di raccolta e di gestione - recupero smaltimento, di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (... ) in particolare smaltiva i rifiuti interrandoli nel terreno agricolo di proprieta' (interessando una superficie di mq. 30-40 circa) omettendo cosi di avviarli a regolare recupero e smaltimento come previsto dal decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. - fatti commessi nel Comune di e accertati in data 22 agosto 2013; b) artt. 2 e 7 legge 2 ottobre 1967, n . 895 e successive modifiche poiche' deteneva illegalmente all'interno del garage di proprieta' sito in , nr. 1 fucile monocanna marca Beretta calibro 24 avente matricola illeggibile, nr. 1 fucile doppietta marca artigianale calibro 12 avente matricola nr. 329 e nr. 1 fucile doppietta marca Prandelli e Gasperini calibro 12 avente matricola nr. 11542, le ultime due armi di proprieta' del fratello S. E. ; fatti commessi nel Comune di e accertati in data 22 agosto 2013 . c) artt. 56-610 c. p. poiche' minacciando M.... M.... di un male ingiusto e grave dicendole che le avrebbe sparato se avesse denunciato i fatti alle competenti autorita', compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere M. ... M. ... ad omettere di denunciare alle forze dell'ordine i fatti di cui ai superiori capi 1 e 2 non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volonta', in particolare perche' la persona offesa si determinava comunque a sporgere denuncia al personale del Corpo Forestale dello Stato, prima mediante segnalazione telefonica il 20 giugno 2013 e poi con dichiarazioni rese il 23 giugno 2013. - fatti commessi in ... il 20 giugno 2013. In esito alla perizia balistica disposta dal Tribunale a norma dell'art. 507 codice di procedura penale all'esito dell'istruttoria orale, (affidata al Stefano Conti e da questi depositata in cancelleria il 19 aprile 2017), e' emerso che i tre fucili oggetto del capo b) di imputazione erano da considerarsi armi da sparo atte all'impiego e che uno dei tre - il fucile monocanna basculante, marca Berretta, modello 412 calibro 24 - recava la matricola abrasa e non gia' meramente illeggibile, come riferito nel corso dell'esame dibattimentale dall'ufficiale di p.g. procedente al sequestro. All'esito della perizia e dunque sulla base di prove emerse nel corso dell'istruzione dibattimentale e ignote al momento di esercizio dell'azione penale, il pubblico ministero all'udienza del 26 aprile 2017 ha integrato i capi di accusa, con riferimento al citato fucile monocanna basculante Beretta modello 12, calibro 24, arma comune da sparo atta all'impiego, recante matricola abrasa, come segue: d) delitto p. e p. dall'art. 23 comma 3 della legge 18 aprile 1975 n. 110 e successive modifiche, perche' deteneva all'interno del garage di sua proprieta' sito in ..., un fucile monocanna basculante, marca Berretta modello 412 calibro 24 (arma comune da sparo atta all'impiego) con matricola abrasa, da considerarsi pertanto arma clandestina perche' sprovvista dei numeri idonei ad identificarla; Fatti commessi in Comune di ... ed accertati in data 22 agosto 2013 (epoca del rinvenimento e del sequestro dell'arma); e) del delitto p.e p. dall'art. 648 codice penale perche', fuori dai casi di concorso nel presupposto reato di alterazione della matricola dell'arma di cui infra e al fine di procurare a se' e/o ad altri un profitto, acquistava o comunque riceveva da terze persone rimaste ignote un fucile basculante marca Berretta modello 412 calibro 24 (arma comune da sparo atta all'impiego) con matricola abrasa (da considerarsi pertanto arma clandestina perche' sprovvista del numeri idonei ad identificarla), detenendola all'interno del garage di sua proprieta' sito in .... Fatti commessi in localita' ed epoca sconosciute e accertati in Comune di in data 22 agosto 2013 (epoca del rinvenimento e del sequestro dell'arma). Il verbale contenente le imputazioni sub d) ed e) elevate nel corso del giudizio e' stato quindi notificato all'imputato assente ed il processo, a norma dell'art. 520 codice di procedura penale, e' stato rinviato, con contestuale sospensione del dibattimento. Adempiuto l'incombente, alla successiva udienza del 12 luglio 2017 l'imputato S. ... G. ... , a mezzo del difensore costituite procuratore speciale, relativamente alle sole imputazioni elevate nel corso del giudizio concernenti il fucile Berretta ex articoli 648 e 23 legge n. 110/1975, ha chiesto che il processo fosse definito con il gatteggiamento e ha formulato istanza nei termini che seguono: determinarsi la pena base per il reato piu' grave ex art. 648 codice penale in anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa; concedersi le circostanze attenuanti generiche e ridursi la pena ad anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa; aumentarsi la pena ex art. 81 cpv codice penale per il reato di cui all'art. 23 comma 3 legge n. 110/1975 ad anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 600,00 di multa; ridursi detta pena, per la diminuente connessa alla scelta del rito, ad anni uno ed euro 400,00 di multa; richiesta subordinata alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il pubblico ministero ha negato il consenso, dal momento che entrambe le contestazioni suppletive sono scaturite da prove emerse nel corso del processo e non gia' dalle risultanze investigative ai propri atti; trattasi dunque di nuove contestazioni «fisiologiche» e non patologiche dirette cioe' a supplire ad un errore rispetto alle risultanze investigative, tanto che solo attraverso la perizia disposta nel corso del dibattimento era possibile accertare per la prima volta che il fucile Berretta, presentava matricola abrasa e non gia' meramente illeggibile per l'usura del tempo, come riferito dall'ufficiale di p.g. Trattandosi di contestazioni fisiologiche e non patologiche, ha obiettato il pubblico ministero, esse non consentono la remissione in termini per il patteggiamento, sulla scorza dei principi di cui alla sentenza Corte costituzionale n. 265/1994. Il Tribunale, su accodo delle parti, ha proceduto allo stralcio e definizione limitatamente ai capi a) e c) della rubrica, concernenti rispettivamente le contravvenzioni in materia di rifiuti e il delitto di tentata violenza privata in danno di M. ... M. ... , del tutto avulsi dalle accuse concernenti le armi; sicche' all'esito della discussione ha emesso sentenza assolutoria per il capo c) e di condanna per la sola contravvenzione di cui al capo a). I rimanenti capi b), d) ed e), (gli ultimi due contestati in via suppletiva a norma dell'art. 517 codice di procedura penale in base alla perizia espletata nel corso del dibattimento) concernono addebiti distinti ma connessi a norma dell'art. art. 12 comma 1, lett. b) codice di procedura penale; essi sono espressione di un unico disegno criminoso e tra essi il Tribunale ravvisa il vincolo della continuazione. Cio' premesso, reputa il Tribunale che l'istanza di applicazione della pena proposta dalla difesa con riferimento ai capi d) ed e) - pur essendo altrimenti accoglibile, non sussistendo elementi per pronunciare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 codice di procedura penale, essendo corretta la qualificazione giuridica dei fatti, congrua la pena indicata - pur tuttavia non sia ammissibile alla luce del diritto processuale vigente. Vi osta, infatti, la preclusione ricavabile dal combinato disposto degli articoli 446, primo comma, c.p.p. che, per consolidata giurisprudenza, subordina l'esercizio di tale facolta', a pena di decadenza, al rispetto del termine della discussione all'udienza preliminare - e 517 codice di procedura penale, che non prevede una «rimessione in termini» onde poter effettuare la richiesta di patteggiamento nel caso in cui intervenga la contestazione di fatti emersi per la prima volta nel corso dell'istruzione dibattimentale, seppur connessi a quelli originariamente contestati a norma dell'art. 12 commma 1 lett. b) codice di procedura penale. Nel caso concreto si versa, invero, nell'ipotesi della c.d. «nuova contestazione fisiologica», diversa da quella c.d. «patologica», trovando quest'ultima fondamento in atti acquisiti nella fase delle indagini preliminari e gia' noti al pubblico ministero al momento di esercizio dell'azione penale. Verificata pertanto la rilevanza della disciplina normativa de qua per la decisione del caso di specie, reputa il Tribunale che la stessa, nella parte in cui preclude all'imputato la facolta' di avanzare istanza di patteggiamento in relazione al fatto concorrente oggetto di contestazione suppletiva «fisiologica» - disciplina non suscettibile di contraria interpretazione secondo consolidato orientamento giurisprudenziale sollevi fondati dubbi di legittimita' costituzionale per violazione del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione), nonche' del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e del principio di ragionevolezza in rapporto alla differente disciplina processuale riservata ad eguali situazioni (art. 3 della Costituzione). La giurisprudenza elaborata in materia dalla Corte costituzionale ha preso le mosse dall'affermazione secondo cui, a dibattimento iniziato, nel caso di un'eventuale modifica dell'imputazione, l'impossibilita' di beneficiare dei vantaggi connessi all'adozione dei riti speciali fa parte delle «regole del gioco», note alle parti processuali, le cui conseguenze sfavorevoli potevano e dovevano essere previste ex ante e di cui, dunque, non ci si puo' ex post dolere, poiche' l'imputato il quale non abbia optato nei termini per i riti / premiali «non ha che da addebitare a se' medesimo le i conseguenze della propria scelta» (Corte costituzionale 593 del 1990, 277 del 1990 e 316 del 1992). Detto primo orientamento interpretativo faceva leva sull'indissolubilita' del binomio «premialità-deflazione», rilevando come l'interesse dell'imputato ai riti alternativi potesse trovare tutela solo nella prospettiva di una effettiva sequenza procedimentale che, evitando il dibattimento, garantisse l'obiettivo di una rapida definizione del processo. La casistica via, via emersa ha pero' mostrato come la rigida applicazione di tale principio comportasse, talvolta conseguenze inaccettabili sul piano della ragionevolezza e della tutela del diritto dell'imputato ad operare liberamente le proprie scelte difensive. Pertanto la Corte con la successiva sentenza n. 265 del 1994, nel caso di contestazioni dibattimentali tardive, e' pervenuta rispetto al patteggiamento ad una diversa conclusione, ritenendo che in questo caso non potesse parlarsi di una libera assunzione da parte dell'imputato del rischio di una nuova contestazione durante il dibattimento, dato che le sue determinazioni in ordine alla scelta del rito risultavano di fatto sviate da una condotta anomala del pubblico ministero. Sicche' in caso di incompletezza dell'imputazione formulata rispetto agli elementi gia' acquisiti nel corso dell'indagine preliminare, la Corte costituzionale ha insegnato che non puo' «parlarsi, in simili vicende, di una libera assunzione del rischio del dibattimento da parte dell'imputato»; e poiche' «le valutazioni dell'imputato circa la convenienza del rito speciale vengono a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero (...) quando, in presenza di una evenienza patologica del procedimento, quale e' quella derivante dall'errore sulla individuazione del fatto e del titolo del reato in cui e' incorso il pubblico ministero, l'imputazione subisce una variazione sostanziale, risulta lesivo del diritto di difesa precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali». Con riferimento all'istituto del patteggiamento, e' stata dunque dichiarata la «illegittimita' costituzionale degli articoli 516 e 517 codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 265/1994). In tempi piu' recenti - con una pronuncia «additiva» relativa all'art. 517 codice di procedura penale - e' stata inoltre rimossa la preclusione a definire il processo con l'applicazione della pena su richiesta «in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza aggravante che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale» (Corte costituzionale, sentenza n. 184/2014). Con riferimento al rito abbreviato, dopo iniziali pronunce d'inammissibilita' - sulla scorta del quadro normativo murato per effetto della legge 16 dicembre 1999 n. 479, che ha diversamente delineato l'istituto e che, in talune ipotesi, ha consentito la definizione con tale rito di procedimenti ormai giunti nella fase dibattimentale - la Corte costituzionale con la sentenza n. 333/2009 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli articoli 516 e 517 codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedevano la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso al reato concorrente contestati in dibattimento, «quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale» Con la sentenza n. 333/2009 e la successiva n. 139/2015 - che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 517 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la facolta' di richiedere il giudizio abbreviato con riferimento al reato per il quale vi sia stata suppletiva contestazione di una circostanza aggravante che gia' risultava dagli atti al momento di esercizio dell'azione penale - la Corte ha dunque parificato le situazioni del patteggiamento e del giudizio abbreviato, rimuovendo l'originaria preclusione alla facolta' di richiedere i suddetti riti speciali in corso di dibattimento con esclusivo riferimento alle c.d. «contestazioni patologiche». In rapporto invece alle cc.dd. «contestazioni fisiologiche», quelle volte ad adeguare l'imputazione alle risultanze dell'istruzione dibattimentale, con la sentenza n. 237/2012 - superando l'indirizzo interpretativo successivo all'entrata in vigore del codice di rito - la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa (articoli 3 e 24 comma 2 Costituzione) l'art. 517 codice di procedura penale, nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato per il reato concorrente emerso nel corso dell'istruttoria dibattimentale e divenuto oggetto della nuova contestazione. In particolare e' stato qui decisamente svalutato il criterio della «prevedibilita'» da parte dell'imputato della variazione dibattimentale dell'accusa, osservando in generale come detto criterio «in quanto fenomeno connaturale ad un sistema di tipo accusatori, presenti intrinseci margini di opinabilita', specie rispetto alla contestazione fisiologica di un reato concorrente»; «non si potrebbe pretendere - ha osservato la Corte - che l'imputato valuti la convenienza di un rito speciale, tenendo conto, non soltanto della possibilita' che a seguito del dibattimento l'accusa vanga diversamente descritta o aggravata, ma anche dell'eventualita' che alla prima accusa ne venga aggiunta una nuova, sia pure connessa» (cfr Corte costituzionale n. 237/2012). La medesima conclusione e' stata poi adottata nel caso di contestazione fisiologica del fatto diverso, non essendosi ritenuto sufficiente a differenziare il trattamento normativo il rilievo che in questo caso (e a differenza dell'ipotesi della contestazione di reato concorrente) esisteva sin dall'inizio l'imputazione che avrebbe consentito la tempestiva richiesta del rito speciale. Con la sentenza n. 273 del 2014 la Corte ha cosi' dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 516 codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedeva la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato per il fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale ed oggetto della nuova contestazione. Ma anche sul terreno del patteggiamento la Corte e' addivenuta ad analoga pronuncia additiva con riguardo all'art. 516 codice di procedura penale, in un caso di contestazione fisiologica del fatto diverso, nel corso del dibattimento. Si tratta della recentissima pronuncia n. 206 del 17 luglio 2017, ove il giudice delle leggi ha ritenuto estensibili alla richiesta di patteggiamento formulata nel corso del dibattimento in caso di mutamento della contestazione a norma dell'art. 516 codice di procedura penale, le argomentazioni gia' fatte proprie sul terreno del giudizio abbreviato, per ribadire che, in seguito alla contestazione ancorche' fisiologica del fatto diverso, «l'imputato che subisce la nuova contestazione viene a trovarsi in una posizione diversa e deteriore quanto alla facolta' di accesso ai riti alternativi e alla fruizione della correlata diminuzione di pena - rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse stato chiamato a rispondere fin dall'inizio. Infatti condizione primaria per l'esercizio di difesa e' che l'imputato abbia ben chiari i termini dell'accusa mossa nei suoi confronti e cio' vale, non solo per il giudizio abbreviato, ma anche per il patteggiamento. In questo procedimento infatti la valutazione dell'imputato e' indissolubilmente legata, ancor piu' che nel giudizio abbreviato alla natura dell'addebito, trattandosi, non solo di avviare una procedura che permette di definire il processo al di fuori e prima del dibattimento, ma di determinare lo stesso contenuto della decisione, il che non puo' avvenire se non con riferimento ad una ben individuata fattispecie penale» (cfr Corte Costituzione n. 206 del 2017, che richiama ampiamente Corte Cast. 237/2012, 273/2014 e 265/1994). In altre parole quando l'accusa muta nei suoi aspetti essenziali non possono non essere restituiti all'imputato termini e condizioni per esprimere le proprie opzioni, ivi compresa quella del patteggiamento. Cio' in quanto la modifica dell'imputazione puo' incidere in modo significativo sulla fisionomia dell'accusa con riflessi sulla entita' della pena irrogabile e sulla incidenza quantitativa dell'effetto premiale della scelta. Cosi' opinando la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 516 codice di procedura penale nella parte in cui non prevedeva la facolta' dell'imputato «di richiedere ai giudice del dibattimento l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 codice di procedura penale, relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione» (Corte costituzionale n. 206 del 17 luglio 2017). Anche in quest'occasione e' stato ribadito che condizione primaria per l'effettivita' del diritto di difesa e' che l'imputato abbia ben chiari i termini dell'accusa mossa nei suoi confronti, con la conseguenza che non puo' rimanergli preclusa in seguito ad una modifica fisiologica dell'imputazione la facolta' di richiedere il patteggiamento solo perche', non avendolo richiesto prima, si sarebbe assunto il rischio di una simile evenienza. La Corte ha ribadito il criterio gia' fatto proprio in tema di giudizio abbreviato con la sentenza n. 273/2014, secondo cui non si puo' pretendere che l'imputato valuti la convenienza di un rito speciale tenendo conto anche dell'eventualita' che, a seguito di futuri sviluppi dell'istruzione dibattimentale, l'accusa a lui mossa subisca un trasformazione la cui portata e' del tutto imprecisata al momento della scadenza del termine utile per la formulazione della richiesta di riti alternativi. Pertanto anche nel caso in cui, come nella fattispecie concreta, all'accusa originaria ne venga aggiunta un'altra connessa secondo la nozione desumibile dall'art. 12 comma i lett. b) codice di procedura penale, gli stessi criteri dovrebbero condurre alla restituzione dell'imputato in termini e condizioni per esprimere le proprie opzioni con riferimento all'accusa suppletiva. Peraltro, come per il giudizi abbreviato, anche la richiesta di patteggiamento postula necessariamente l'esercizio dell'azione penale in relazione ad uno specifico fatto-reato. E nel caso di contestazione suppletiva cio' avviene solo quando il pubblico ministero procede alla contestazione stessa, sia o meno essa fondata sulle acquisizioni dibattimentali o sugli atti di indagine. Sicche' - come gia' ritenuto riguardo al giudizio abbreviato (n. 237/2012) - precludere il patteggiamento in relazione alla contestazione suppletiva elevata nel corso del dibattimento, significherebbe far dipendere il novero delle opzion difensive da una scelta discrezionale del pubblico ministero, quale quella di procedere a contestazione suppletiva nel processo in corso, oppure esercitare separatamente l'azione penale, ammettendo in tal caso l'imputato a recuperare l'opzione del rito. Questo Tribunale dubita dunque della legittimita' costituzionale dell'art. 517 codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere il patteggiamento relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della contestazione suppletiva anorma dell'art. 12 comma i lett. b) c.p.p... Sulla base delle osservazioni sopra svolte, la preclusione a fruire dei vantaggi connessi al patteggiamento sembra conclusivamente tradursi: in una compressione dei diritti di difesa dell'imputato al quale non puo' essere addebitata alcuna colpevole inerzia, ne' - secondo il piu' recente indirizzo della giurisprudenza costituzionale - possono essergli attribuite le conseguenze negative di un prevedibile sviluppo dibattimentale il cui rischio sia stato liberamente assunto; ed invero l'opzione per l'applicazione della pena su richiesta delle parti - secondo il consolidato orientamento del Giudice delle leggi costituisce una delle modalita' di esercizio del diritto di difesa (tra le altre Corte costituzionale, sentenze n. 219/2004, n. 70/1996, n. 497/1995, n. 76/1993) e condizione primaria per l'esercizio del diritto di difesa e' che l'imputato abbia ben chiari i termini dell'accusa mossa nei suoi confronti (Corte costituzionale n. 237/2014, n. 273/2014 e n. 206/2017), sicche' l'esclusione della facolta' di richiedere il patteggiamento rispetto al reato connesso contestato per la prima volta nel corso del dibattimento a norma dell'art. 517 codice di procedura penale si pone in sospetta violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione; in una disparita' di trattamento tra l'imputato al quale, sin dal primigenio esercizio dell'azione penale, siano contestati tutti gli addebiti con piena possibilita' di optare per un rito alternativo e l'imputato che invece - a causa delle carenze nelle indagini o per altra casuale ragione - si sia visto muovere un'imputazione incompleta, affronti il giudizio e in conseguenza dall'acquisizione dei relativi elementi di prova in corso di dibattimento, subisca l'imputazione di un reato connesso a norma dell'art. 12 comma 1 lettera b) codice di procedura penale, senza poter piu' fruire dei benefici del rito premiale. Anche in rapporto alla contestazione fisiologica del fatto connesso vale, quindi, il rilievo di fondo, per cui «l'imputato che subisce una contestazione suppletiva dibattimentale viene a trovarsi in posizione diversa e deteriore - quanto alla facolta' di accesso ai riti alternativi e alla fruizione della correlata diminuzione di pena - rispetto a chi della stessa imputazione fosse stato chiamato a rispondere sin dall'inizio» (cosi', Corte costituzionale, sentenza n. 237/2012 in tema di giudizio abbreviato). La rilevata disparita' si pone in sospetta violazione dell'art. 3 Cost.; Nell'irragionevolezza di una disciplina processuale venutasi a delineare in seguito alla sentenze additive Corte costituzionale nn. 530/1995 e 237/2012, in base alla quale, nel caso di contestazione c.d. «fisiologica» del reato connesso a norma dell'art. 517 codice di procedura penale, e' consentito all'imputatc recuperare i vantaggi propri di alcuni riti speciali, ma non de patteggiamento: il giudizio abbreviato, ammesso a partire dalla sentenza additiva / n. 237/2012 con la quale la Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 517 codice di procedura penale nella parte in cui non prevedeva la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale; l'obiezione, conseguente invece della sentenza nn. 530/1995, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi gli articoli 516 e 517 codice di procedura penale nella parte in cui non prevedevano la facolta' dell'imputato di proporre domanda di obiezione relativamente al fatto diverso e al reato concorrente contestati in dibattimento, e cio' indipendentemente dal carattere «patologico» o «fisiologico» della nuova contestazione. In altre parole l'attuale assetto normativo in tema di patteggiamento si connota per una irragionevole assimetria rispetto a quello valevole per il giudizio abbreviato e per l'oblazione, nella parte in cui non consente l'applicazione della pena su richiesta delle parti con riferimento al reato concorrente contestato a norma dell'art. 517 codice di procedura penale, assimetria anch'essa potenzialmente lesiva dell'art. 3 Cost. Posto che il graduale allargamento delle facolta' accesso ai riti speciali nei casi sia di modifica dell'imputazione in corso di dipartimento che di contestazione di reato connesso a norma dell'art. 12 comma 1 lett. b) codice di procedura penale, e' sempre avvenuto in forza di pronunce della Corte costituzionale che hanno via via verificato l'insussistenza, di valide ragioni per conservare le preclusioni poste dal codice di rito, reputa questo Tribunale preclusa nel caso concreto un'interpretazione costituzionalmente orientata della vigente disciplina, dovendosi invece sollevare la questione di legittimita' e rimettere al Giudice delle leggi la valutazione circa la conformita' di essa al quadro costituzionale di riferimento come piu' sopra delineato.